Halloween è sbagliato. Punto. L’articolo potrebbe chiudersi qui. Naturalmente, porsi con degli assoluti, senza motivarne le ragioni, non aiuta né a capire e nemmeno a generare una cultura alternativa a fronte di un costume che, anno dopo anno, sembra assumere una dimensione sempre più grande.

Alcune linee educative sostengono la necessità di non nascondere ai bambini le zone d’ombra della vita: dolore, morte. Altri affermano la teoria secondo la quale una rivalutazione del brutto e dell’orrido svilupperebbe la capacità di apprezzare ciò che può essere definito ‘diversamente bello’. Partiamo dal presupposto che al bambino devono essere dati strumenti per decodificare ciò che appare doloroso, ma ci sono tempi e modi da rispettare.

Senza dubbio, il gioco agevola la comprensione; anche il dolore, la morte, possono essere spiegati e assimilati grazie ad un’intelligente attività ludica. Intelligente appunto.

Halloween è un’operazione commerciale che si muove senza rispondere a nessuna regola educativa. Un’azione che non si preoccupa dell’impatto emotivo che questo gran carrozzone tenebroso può suscitare nei piccoli, rispondendo all’unico pensiero di vedere crescere il fatturato, distribuendo allegramente in centri commerciali, negozi di giocattoli, cartolerie o quant’altro, arti mozzati, maschere luciferine, abiti insanguinati e dolcetti a forma di globo oculare, ripieni di sciroppo simile a rosso sangue da masticare.

D’accordo, le fiabe splatter non sono mai mancate. Hänsel e Gretel hanno terrorizzato generazioni di bambini. Storie spaventose per esorcizzare la paura. Francamente ho sempre evitato questo genere di racconto per aiutare i più piccoli a superare le proprie paure, ad ogni modo, una cosa è la partecipazione attraverso un racconto (da selezionare bene) dove il processo identificativo è diretto verso i due bambini vittime della strega; insomma, agli occhi di chi ascolta, gli eroi sono loro. Altra cosa invece è la sottocultura di Halloween, dove gli eroi non sono più Hänsel e Gretel bensì la strega cannibale.

Nelle fiabe tradizionali, anche le più cruente e concluse in modo drammatico, il bene prevale, sempre, forse attraverso trame discutibili, siamo d’accordo, però prevale. Il bambino viene istruito sulle conseguenze di un comportamento violento, asociale. Anche Halloween demarca con precisione il bene dal male, con una differenza: il male vince, le tenebre prevalgono sulla luce.

Interagendo con i bambini da oltre trent’anni ho sperimentato, tanto. Ricordo che anni fa costruimmo, su richiesta di una scuola materna, un laboratorio teatrale per aiutare i bambini a superare le proprie paure. Il titolo del laboratorio era: “Chi ha paura dell’uomo nero?”

Con tutta la buona volontà, mettendo in atto i migliori strumenti dell’animazione educativa, comprendemmo che proporre ai bambini la paura, per liberarli dalla paura, è una strategia  sbagliata. Domandai allora ad un bambino perché piangesse davanti ad un uomo nero che si rivelava poi una simpatica vecchietta che regalava dolci ai bambini. La risposta saggia del bambino fu: “La paura fa paura!”

Date dolci ai bambini, consentite d’indossare costumi secondo la regola del ‘facciamo finta che’, interpretando ruoli, cose tra l’altro che potete fare durante tutto l’anno, ma siate consapevoli che il messaggio formativo che il bambino deve ricevere lo deve aiutare a scegliere la luce invece che le tenebre.

La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta (Giovanni 1:5).

Antonio Amico

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