Il titolo di questo articolo anticipa alcune scelte di campo: chi partecipa con trasporto alla ricorrenza del Natale e chi la evita come il fumo negli occhi, sostenendo che è un evento tutt’altro che cristiano, affermando che si tratta di un falso storico, in quanto Gesù non è nato il 25 dicembre. Non intendo entrare in questi argomenti. Promesso.

Desidero però condividere una riflessione che ho maturato leggendo recentemente questa frase: “Il Natale non è una data ma una opportunità.”

Opero con mia moglie, come educatore ed animatore per l’infanzia da decenni. Circa vent’anni fa, quando una scuola ci chiamava per realizzare un evento nel periodo natalizio, ci veniva espressamente chiesto: “Insieme all’animazione, potreste gentilmente parlare anche di Gesù ai bambini?”  Recentemente, siamo stati contattati da una scuola che, in occasione del Natale, ha chiesto di organizzare un incontro per i bambini, con questa premessa: “Per favore, non una sola parola riguardo a Gesù!”  Quando abbiamo fatto notare che il Natale, in fin dei conti, è la storia di una nascita, l’insegnante prontamente ha spiegato che questa festa non la chiamano più Natale bensì: ‘Festa d’inverno’. Ho rifiutato l’invito.

Per par condicio, il 31 di ottobre non si celebri halloween, dove il problema non sono i dolcetti ma la ricorrenza di una festa neo pagana, con chiari riferimenti alla religione wicca.

Concentrandoci sul fatto ovvio che la nascita di Gesù  non deve essere ricordata solo un giorno, ma tutto l’anno, ho l’impressione che si sia persa un’opportunità. Siamo d’accordo, un buon cristiano questo annuncio lo deve testimoniare sempre ma, se da generazioni, la maggioranza si predispone all’ascolto del Vangelo, anche se per un breve periodo, perché non afferrare questo vantaggio? Perché chiudere una porta dove poter entrare e raccontare al mondo il fatto più importante avvenuto nella storia dell’uomo: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore” (Luca 2:11).

È notizia recente di una bambina di dieci anni che, in una scuola elementare a Riviera del Brenta (Ve), si è opposta fieramente, quando le maestre hanno spiegato che nel canto di Natale avrebbero omesso il nome di Gesù. La bambina, di sua iniziativa, ha raccolto delle firme tra i suoi compagni e i genitori perché il nome di Gesù tornasse nel motivo. Ha vinto. Le maestre hanno reinserito Gesù.

Concludo, pochi giorni fa una chiesa mi ha chiesto di partecipare ad un evento a tema natalizio, per parlare di Gesù ai bambini e alle famiglie presenti. Una mamma, all’ingresso, ha voluto precisare che lei e tutta la sua casa professavano l’ateismo. Ciononostante, la donna ha fatto sedere i suoi tre bambini ad ascoltare. A quei bambini ho parlato di Gesù. Ho avuto l’impressione che fosse la prima volta che ne sentivano parlare. Alla domanda, se volevano ricevere Gesù nel loro cuore, tutti hanno alzato la mano. Natale sì, Natale no? Non è questo il punto, non perdiamo l’occasione per testimoniare l’opera d’amore che Gesù ha compiuto per tutti noi.

 

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Antonio Amico

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