Ultimamente mi sono imbattuta in un libro: “Dormi, bambino dormi” scritto dal pediatra spagnolo Eduard Estivill.

Si tratta di un metodo ideato per favorire l’acquisizione dell’abitudine del dormire in bambini che hanno difficoltà a vivere questo momento.

In poche parole, il pediatra consiglia di creare un ambiente adatto al momento della nanna, senza stimoli distraenti. Dopo i primi mesi di vita, quindi, usufruire della cameretta: lettino, pupazzo coccoloso e via dicendo.

Prima di mettere il bambino a letto, si crea un momento affettivo fra lui e i genitori (fiaba della buona notte, ninna nanna). Dopodichè si porta il bimbo a letto, dicendo con dolcezza che il papà e la mamma gli vogliono bene e che è arrivato il momento che lui inizi a dormire da solo.

Il bambino, come prevedibile, piangerà. Allora, il pediatra dice di rientrare nella stanza a intervalli sempre crescenti (dopo 1 minuto, poi dopo 3 minuti e via dicendo), evitando di prenderlo in braccio, ma ripetendo con ferma dolcezza la frase suscritta.

Secondo il dottore, dopo due o tre giorni già dovrebbero iniziare a vedersi i primi risultati.

Questo, in estrema sintesi, il metodo Estivill.

Amore e regole

Cercando opinioni in rete, mi sono imbattuta in recensioni di questo tipo: “metodo nazista”, “i bambini vengono lasciati a loro stessi e finiscono per addormentarsi per sfinimento”, “non c’è amore”.

Visto che la lettura di questo libretto non aveva scatenato in me tali reazioni, mi sono domandata se mi fosse sfuggito qualcosa.

Non voglio stare qui a discutere sul metodo Estivill, perché ogni metodo, a mio parere, deve essere calato nel contesto e nella conoscenza degli individui che si hanno di fronte.

In realtà, questo è stato lo spunto per una serie di domande educative: “amare i propri figli vuol dire lasciare che facciano quello che vogliono?”, “dare regole vuol dire non amare?”

Veniamo da un background culturale nel quale ai bambini venivano imposte delle regole senza neanche spiegarne il motivo. “È così, punto e basta!”

La reazione a questa rigidità ha portato all’estremo opposto: il bambino può fare ciò che desidera. Punto e basta. Se non glielo si fa fare, non si sentirà amato, la sua autostima ne risentirà.

Desideri e bisogni

Sono un’insegnante della scuola dell’infanzia e, troppo spesso, mi sono trovata di fronte a bambini molto piccoli non abituati ad una figura autorevole, a regole, bambini che non riescono a godere di momenti piacevoli perché troppo presi a soddisfare i loro desideri (non bisogni). La carenza educativa familiare, li portava a non sapersi relazionare con i pari. Tutto questo, purtroppo, andava ad incidere anche nella resa scolastica.

Quando si interpellava la famiglia, mi accorgevo che erano senza autorevolezza nei confronti di questi bambini. Uno scricciolo di tre anni, teneva in pugno la madre di quaranta.

C’è qualcosa che non va. Ci può essere un giusto equilibrio educativo che faccia riscoprire la gioia di essere genitori e la gioia di essere figli.

L’educatrice canadese Brigitte Langevin in “Educhiamoli con amore”, distingue fra desideri e bisogni del bambino. Credo che questo sia un ottimo punto di partenza. Riuscire a capire quando ciò che chiede mio figlio sia dettato da una reale necessità o da un desiderio che si vuole ad ogni costo accontentare.

È dovere di ogni genitore soddisfare i bisogni dei propri figli, bisogni fisici e affettivi che, quando soddisfatti, aiutano la crescita dell’autostima.

“Un desiderio richiede di essere ascoltato, riconosciuto o valorizzato, ma non necessariamente soddisfatto” dice la Langevin. “Ad esempio, mangiare è un bisogno; mangiare patatine fritte è un desiderio. Dormire è un bisogno; dormire con un genitore è un desiderio. Giocare è un bisogno; passare tre ore al parco è un desiderio”.

Mettere il bambino davanti a giusti limiti, a giuste regole (a seconda dell’età e motivate), aiuta il bambino a comprendere e a relazionarsi con il mondo e, soprattutto, a sentirsi più amato e sostenuto.

Alice Amico

Comment (1)

  • Rossana Giorgi
    Rossana Giorgi
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    Su questo tema dell’insegnare ai piccoli ad addormentarsi (dopo un milione di coccole e cure e dolcezza e affetto senza misura 😉 nel loro lettino, in un’atmosfera piacevole, ho sperimentato personalmente questa cosa con entrambe le mie figlie e ho la gioia di dire che funziona alla grande. Questa meraviglia di avere dei bambini sereni e riposati e dei genitori, a loro volta, sereni e riposati è una delle chicche che ha permesso a me e a mio marito di vivere il momento della loro nanna come una piccola oasi di pace per tutti. Per questo ringrazierò sempre la mia amica Anna che, appena prima che partorissi, mi ha regalato il libro “Baby wise” che esprime questi concetti e li sviscera. Per noi come famiglia è stata una perla preziosa.

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