Da diversi giorni osservo bambini camminare per la strada vestiti con costumi che rappresentano mostri, streghe e vampiri, con la bocca macchiata di sangue finto. Le vetrine dei negozi sono allestite con teste mozzate, bare e finti impiccati penzolanti dal soffitto: oggi è Halloween, un giorno triste.
Sono un’insegnante di scuola dell’infanzia, e i bambini nella mia classe parlano di questo evento con entusiasmo. Ma, allo stesso tempo, quando ho affrontato l’argomento del corpo umano, hanno avuto paura guardando l’immagine di uno scheletro umano.
Recentemente, ho visto un video girato in un parco di “divertimenti” in cui un attore fingeva di essere agonizzante, riverso a terra in una pozza di sangue finto.
Sono una credente, e nel mio tempo di preghiera personale, ho visto passare davanti ai miei occhi, come fotogrammi di un macabro film, due situazioni: le immagini delle guerre che stanno dilaniando bambini, famiglie, uomini e donne, dove il sangue è reale. Immagini drammatiche seguite dai nostri bambini, travestiti con artefatti di sangue e orrore, spacciati per divertimento. È decisamente fuori luogo, considerata la drammaticità degli attuali eventi.
È noto che i bambini imparano attraverso il gioco, ma siamo sicuri di voler proporre loro un’attività ludica che sdogana la violenza, il sangue e il macabro? Siamo certi che Halloween sia una scelta saggia per il bene dei bambini?
Una linea di pensiero pedagogica afferma che, attraverso esperienze simili, i bambini possono affrontare la paura e ciò che incute timore. È vero, la paura non è sempre nemica; questa emozione deve essere conosciuta dai bambini e imparata a gestire. Ma siamo sicuri di voler usare proprio Halloween per fare questo? Soprattutto, siamo certi che funzioni? I risultati non sembrano confortanti, e fra qualche anno lo vedremo.
Dal mio semplice punto di osservazione, stiamo legittimando, attraverso il gioco, la morte violenta, il brutto, il macabro e la violenza, abbassando la soglia di tolleranza a livelli davvero bassi e troppo vicini alla tragica realtà quotidiana di cui sentiamo parlare ogni giorno.
Vorrei esprimere molto altro, ma spero che questa breve riflessione possa essere uno spunto per un dialogo costruttivo.
Alice Amico
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